Un progetto finalizzato all’educazione sanitaria con promozione dei corretti stili di vita, al fine di prevenire le malattie legate al rischio biologico.
Medici, infermieri, volontari, operatori di biodanza e mediatori culturali. Tutti sotto la regia di Laura Mannarini, medico coordinatore sanitario dell’Asst di Mantova all’interno del carcere di via Poma. Il progetto, importato dal carcere minorile Beccaria di Mantova, si chiama Empowerment e fin dall’inizio sembrava di difficile applicazione tra la popolazione carceraria adulta. Ma dopo il primo mese, al penitenziario di Mantova la soddisfazione si respira sia tra i detenuti che tra gli operatori sanitari e non, agenti di polizia penitenziaria compresi.
Il progetto è finalizzato all’educazione sanitaria con promozione formativa e informativa dei corretti stili di vita, al fine di prevenire le malattie legate al rischio biologico. In una sola parola: benessere bio-psico-sociale. E dunque confinarlo ad una sola questione di igiene personale sarebbe riduttivo, perché il percorso guarda lontano e aiuta a migliorare qualità della vita e relazioni umane, combatte lo stress e riduce le disuguaglianze culturali e sociali. Come? In base al profilo epidemiologico dei detenuti si definiscono i percorsi di intervento, con moduli di terapia informativa. Avanti dunque con incontri che sui temi dell’igiene alimentare, orale, personale in generale e degli ambienti e azioni per disincentivare il sedentarismo.
Per gli operatori penitenziari si punta a incontri per diminuire lo stress correlato al lavoro e prevenire il rischio biologico. Contro la sedentarietà, è stata introdotta la Biodanza, disciplina bionaturale. Si tratta di una attività motoria di gruppo con l’obiettivo di coinvolgere i detenuti e gli operatori sanitari attraverso la musica e il movimento per offrire uno stimolo continuo a muoversi con gioia e migliorare la relazione con gli altri. «Quello che abbiamo fatto a Mantova – ha sottolineato il direttore sanitario dell’Asst, Riccardo Bertoletti – è eccezionale e qualifica le due strutture che operano in stretta sinergia, l’ospedale e il carcere. Siamo pronti ad esportare il modello in altri istituti di pena». Erano presenti anche il coordinatore regionale di Sanità Penitenziaria Welfare Regione Lombardia, Roberto Ranieri, il direttore medico dei 4 istituti penitenziari milanesi (San Vittore, Bollate, Opera, Beccaria) Cesare Lari, e la direttrice del carcere, Rosella Padula.